Da Scuola24 del Sole24Ore
Ha suscitato scalpore la notizia di recente diffusa dalla stampa della condanna al risarcimento del danno che il tribunale di Milano ha posto a carico di quattro professori dell’università di Firenze, i quali avevano usurpato la scoperta di un procedimento utile a individuare e a trattare la sclerosi multipla che una giovane laureanda aveva pubblicato nella propria tesi di laurea, sfruttandola per fini commerciali. Altrettanto rilevante in questa vicenda è il fatto che, alla somma posta a carico dei docenti e dell’ateneo quale risarcimento del danno per la contraffazione di una privativa altrui, allo scopo di ottenere un brevetto a proprio favore, si è aggiunto l’importo che l’università di Firenze ha chiesto in restituzione ai professori che avevano violato i diritti della studentessa ricercatrice e che la Corte dei conti della Toscana ha liquidato a favore dell’ente scolastico addebitandola ai docenti profittatori. La vicenda rappresenta un caso concreto del più grande tema della tutela delle opere dell’ingegno create da docenti e discenti in seno alla scuola, ove sempre più complessi e articolati sono gli intrecci fra i soggetti che forniscono l’insegnamento, la materia prima per la realizzazione delle opere e lo studio e la creatività dei singoli studenti che possono dare vita a invenzioni dotate di novità e di originalità tali da renderle tutelate dall’ordinamento.
Nodo proprietà
E’ quindi, la materia della proprietà delle opere realizzate in seno agli istituti scolastici e – di conseguenza – quello della titolarità del diritto patrimoniale, oltre che del diritto morale d’autore su di esse, che assume oggi una rilevanza fondamentale, soprattutto nell’ottica di una sempre maggiore compenetrazione fra mondo della scuola e mondo del lavoro. In tale contesto, infatti, la scuola non solo pone a disposizione di imprese od enti (che ne divengono acquirenti) il contributo lavorativo dei propri studenti ma, spesso, garantisce alle imprese anche il risultato del loro ingegno, dotato di intuito e di creatività. Pensiamo, a tale stregua, a una scuola che istruisca i propri studenti a creare disegni che possano essere utilmente impiegati nei procedimenti industriali: se uno di loro creasse un elaborato che per la sua peculiarità possa essere definito come “nuovo” e abbia anche il requisito del “carattere individuale”, tanto da godere di tutela in base alla legge, a chi apparterrà il risultato di tale creazione? Alla scuola che ha fornito gli strumenti, anche tecnici, necessari per sviluppare il “design”, allo studente che ha avuto l’intuizione e la creatività necessarie per realizzare l’opera, o all’impresa che ha investito il proprio denaro sul disegno realizzato dal discente scommettendo sul risultato economico di un prodotto connotato da una forma nuova?
Riferimenti Se riprendiamo questo discorso prendendo le mosse dalla tesi di laurea cui abbiamo fatto sopra cenno, in assenza di norme di legge che ci consentano di garantire all’opera una tutela giuridica autonoma, dobbiamo rifarci alla ormai datata giurisprudenza della Corte d’Appello di Perugia che, nel lontano 22 febbraio 1995, ebbe a statuire che «le direttive di controllo, sorveglianza, ingerenza, talvolta anche pregnanti esercitate da un p0rofessore sullo svolgimento di una tesi di laurea, non impediscono che la tesi sia risultato precipuo dell’attività creativa del laureando tutelabile in base alla legge sul diritto d’autore (…)». A tale proposito è opportuno ricordare che la legge 475 del 19 aprile 1925 all’articolo 1 punisce penalmente la falsa attribuzione di un lavoro altrui da parte di soggetti che aspirino a diplomi, uffici o titoli (anche ai fini dell’insegnamento o all’esercizio di una professione). La Cassazione ha anche di recente confermato la piena operatività della norma con sentenza 12 maggio 2011, numero 18826 della III Sezione penale, già in precedenza tracciata in un caso analogo a quello trattato dal Tribunale di Milano dalla stessa Cassazione (Sentenza 34726/08 del 4 giugno 2008).
Opere realizzate nelle scuole
Ma se rivolgiamo la nostra attenzione alle opere realizzate dagli studenti nelle scuole, in particolare nei licei artistici o negli istituti ove si sviluppano lavori come, ad esempio, disegni, progetti, opere figurative, destinate a essere cedute a terzi, quale dovrà essere il trattamento giuridico e il regime patrimoniale di tali atti di disposizione? A chi andranno le somme derivanti dalla vendita di dette creazioni e, se ci dovessimo trovare di fronte a un’opera collettiva, come andranno ripartiti i proventi? Ulteriori questioni si pongono relativamente alla paternità dell’opera e al suo riconoscimento nelle varie forme di sfruttamento dei prodotti realizzati dalla scuola per conto di terzi o a questi trasferite.
Proventi e ripartizione
La disciplina esistente in materia, cui molti enti scolastici fanno riferimento nei propri “regolamenti di istituto” è quella riconducibile all’articolo 28 del decreto interministeriale numero 44 del 1° febbraio 2001 avente a titolo “Regolamento concernente le istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche”. Tale norma stabilisce che «spetta all’istituto scolastico il diritto d’autore sulle opere dell’ingegno prodotte nello svolgimento delle attività scolastiche rientranti nelle finalità formative istituzionali», ciò – ovviamente – fermo restando il riconoscimento agli autori del diritto morale d’autore (paternità dell’opera), mentre «lo sfruttamento delle opere dell’ingegno prodotte nel corso delle attività non curriculari è egualmente deliberato dal consiglio di istituto. Tuttavia, i coautori possono autonomamente intraprendere le iniziative dirette allo sfruttamento economico, qualora il consiglio di istituto non abbia intrapreso le iniziative in tal senso nel termine di novanta giorni dall’invito rivolto dagli autori dell’opera». In base alla medesima disposizione è riconosciuto «ai coautori e alle istituzioni scolastiche la partecipazione paritaria ai proventi dello sfruttamento economico dell’opera». In altre parole, per le attività non curriculari, la ripartizione dei proventi avviene al 50% fra scuola e studenti-autori, ovvero anche insegnanti-autori.
Circa il valore giuridico di questo regolamento e il rapporto che esso viene a configurare con la legge Autore i dubbi e le perplessità non mancano, anche ad una lettura non approfondita del testo, come pure ci si chiede quale possa essere l’esito di una controversia che vada a toccare i diritti di docenti e studenti in una materia tanto complessa quanto interessante, al pari della vicenda che ha coinvolto l’università di Firenze di cui sopra. In un’epoca come quella attuale, in cui il binomio “scuola-lavoro” sta acquisendo sempre maggiore importanza, diventa indispensabile identificare provvedimenti legislativi applicabili “erga omnes”.
Avv Luciano Daffarra, C-Lex